Murzett racconta il dolore e le conseguenze della vita di strada. L’intervista.
Abbiamo intervistato il rapper di Salerno, Murzett, membro della Glock18 Crew insieme a Bandog e Conflitto, che ci ha spiegato perché “Fiori D’Asfalto” (presto fuori) sarà il suo ultimo album e il messaggio che cerca di dare con la sua musica. Inoltre, ci ha parlato delle dure conseguenze della vita di strada, pagate sulla sua pelle, e perché tanti rapper, glorificando la strada nelle canzoni, mandino messaggi sbagliati ai più giovani…
Ciao Murzett, grazie per il tuo tempo e la disponibilità a rispondere a qualche nostra domanda. Lo apprezziamo davvero molto! Hai preannunciato che il tuo album in uscita “Fiori d’asfalto” sarà il tuo ultimo album… Parlaci del motivo di questa scelta di chiudere la tua carriera con quest’album e di cosa possiamo aspettarci da questo tuo album. Chi ha curato le produzioni e che featuring ci saranno?
MURZETT: “Innanzitutto, ringrazio il vostro magazine e tutte le persone che ci lavorano per avermi dato la possibilità…
Come avete detto voi, questo album (“Fiori d’Asfalto” in uscita prossimamente n.d.r) sarà il primo da solista, ma anche l’ultimo perché, per vicissitudini personali, non so se e quando potrò farne altri. Però di sicuro, dopo il mio album, qualcosa di mio in giro con qualche mio fratello, lo troverete sicuramente, perché quelli che amano la musica non la lasciano mai del tutto. Le produzioni sono curate interamente da TEX (@theenemyx), che in questo frangente mi hanno aiutato davvero tanto.”
Quanto ti ci è voluto per scrivere quest’album? E dove hai tratto l’ispirazione per i testi di questo disco? Che significato ha il titolo “Fiori d’asfalto”?
MURZETT: “Diciamo che è un periodo in cui le sofferenze mi hanno portato molta ispirazione e quest’album, che è composta da più di 12 tracce, l’ho scritto in un mese. Il significato del titolo “Fiori d’Asfalto”, perché io con la mia crew che mi circonda ci sentiamo come fiori nati in posti poco fertili, come l’asfalto”.
La tua vita, da quello che racconti onestamente nei tuoi brani, ti ha costretto a diversi “stop” forzati nella tua carriera musicale, ma tu rappresenti la scena rap salernitana da tanto tempo. Puoi raccontarci del tuo percorso nell’Hip-Hop? Come e quando ti sei avvicinato a questa cultura?
MURZETT: “Mi sono avvicinato al rap 13 anni fa, ma ho sempre ascoltato rap da piccolo, per sfamare il mio senso di ribellione. Il rap era la cosa ideale per raccontare ciò che vivevo da piccolo, con le poesie. Poi crescendo con il rap ho trovato la mia identità.”
Da dove arriva il nome “Murzett”?
MURZETT: “Il nome Murzett mi è stato messo da piccolo da un caro amico, che purtroppo adesso sta scontando una lunga pena. Murzett perché diciamo che sono un tipo che non molla, che non lascia mai la presa…”
L’anno scorso tu e la crew di cui fai parte, insieme a Bandog e Conflitto, la Glock18 records, avete pubblicato il fortissimo EP “Parabellum”, un pugno in faccia alla scena, che purtroppo è passato in sordina sui media del settore, ma secondo noi è stato uno dei progetti migliori dell’anno nel nostro paese. Puoi parlarci di questo collettivo e della realizzazione di questo album?
MURZETT: “Il gruppo Glock18 crew si può dire che nasce dalla sofferenza che sia io che Bandog e Conflitto abbiamo provato.
Siamo ragazzi cresciuti in cattività e con la musica abbiamo cercato di lanciare dei messaggi, cercando di far capire ai giovani i due lati della medaglia, raccontando le conseguenze e il dolore che portano alcune scelte sbagliate.
Con che altri artisti della scena rap underground salernitana e campana in generale hai legato in questi anni? Con chi sogni di collaborare?
MURZETT: “Diciamo che ammiro parecchi artisti campani e non. Nel mio album ho cercato di mettere tutti i ragazzi che secondo me sono sottovalutati, anche avendo grande potenzialità…
Sogno di collaborare con la gente reale come noi, che non lancia messaggi errati. Sono cresciuto con i Co’sang, con La Famiglia, che ancora oggi sono gruppi che hanno portato la Campania e il rap underground ad alti livelli.
In questi anni, oltre con la Glock, ho legato molto con un rapper della nuova scuola, che conoscevo già da anni. Il suo nome è Roberto Bianco e con lui ho fatto varie collaborazioni anche una per l’album Fiori D’Asfalto.”
I tuoi brani esprimono un messaggio forte e rappresentano una realtà dura: infatti, racconti la strada e l’esperienza carceraria, portando alla luce tutto il dolore che certe condizioni di vita e scelte sbagliate ti portano a fare, diversamente da tanti rapper italiani che ne parlano, esaltando un certo stile di vita… Quale messaggio cerchi di dare con i tuoi brani e cosa rappresenta per te il rap e la cultura hip-hop? Secondo te perchè oggi vende esaltare un certo stile di vita, che per tanti significa invece dolori e sofferenze?
MURZETT: “Il rap per me rappresenta un’arma e come tutte le armi va usata in maniera giusta, perchè oggi tanti ragazzi raccontando cose non vissute, lanciano messaggi errati ai giovani…”
Chi viene davvero dalla strada, non consiglia la vita di strada.
Io con la mia musica cerco di far capire alla gente,
che anche senza valori materiali, si può fare qualcosa di buono.
Puoi raccontarci della realtà di com’è cambiata la realtà ( musicale e non) di Salerno oggi, rispetto a quando hai iniziato?
MURZETT: “Diciamo che quando ho iniziato io è cambiato molto: prima la musica era una passione, uno sfogo. Ora vedo i ragazzini iniziare a fare musica per moda, per ostentare e guadagnare che per me è l’approccio più errato che si possa prendere…”
Hai già detto che “Fiori d’Asfalto” sarà il tuo ultimo album. Ma questo è un addio al mondo dell’Hip-Hop, o continuerai in qualche modo a partecipare e seguire altri progetti?
MURZETT: “Come ho detto sopra, noi lasciamo il rap, ma il rap non lascia noi perché è una cosa che ti rimane a vita… Poi chi vivrà vedrà…”
Sei un grandeGerry Murzett sia musicalmente che come persona… Non vediamo l’ora io è tutti i ragazzi che ti ascoltano nel mio paese di sentire il resto del album 🔥🔥🔥
Sei una persona vera…merce rara oggigiorno…la sofferenza segna la sofferenza insegna